Davide
Giacalone

Giornalista, scrittore, filosofo.
Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. Proviene da studi filosofici. Ha fondato e diretto riviste, ha scritto su vari quotidiani e settimanali. È stato commentatore della Rai.
Si è occupato di filosofia politica scrivendo vari saggi tra i quali La rivoluzione conservatrice in ItaliaProcesso all’OccidenteComunitari o liberalDi Padre in figlioElogio della TradizioneLa cultura della destra e La sconfitta delle idee (editi da Laterza), I vinti, Rovesciare il 68Dio, Patria e FamigliaDopo il declino (editi da Mondadori), Lettere agli italiani.
È poi passato a temi esistenziali pubblicando saggi filosofici e letterari come Vita natural durante dedicato a Plotino e La sposa invisibile, e ancora con Mondadori Il segreto del viandante e Amor fatiVivere non bastaAnima e corpo e Ritorno a sud.
Giovedì 15 Giugno

Villa Pojana
Pojana Maggiore
ore 21,00

Viva l’Europa viva

Europei si nacque. Europeisti si era. Antieuropeisti o euroscettici lo si è diventati. Europeisti lo eravamo per normalità, molto anche per retorica, certo. Antieuropeisti lo si è diventati dopo avere goduto dei benefici dell’integrazione, i quando i molti errori commessi e l’affermarsi dei vincoli parametrali hanno consentito di operare la più fantastica delle falsificazioni: i conti dissestati, la spesa pubblica improduttiva, il debito stellare, la connessa demoniaca pressione fiscale, non erano più conseguenza delle scelte i che si erano fatte, del diffondersi dell’assistenzialismo, delle reclamate elemosine di Stato, dei contrasti al dispiegarsi del libero mercato e della tenace difesa delle rendite di posizione, ma erano tutte colpe dell’Europa. Ciliegiona sulla torta: la viltà delle classi dirigenti, politica e non solo, che anziché assumersi il compito di richiamare alla ragionevolezza e all’ordine hanno provato a scaricare il peso delle cose dovute su un’entità astratta e prevalente: ce lo chiede l’Europa. C’è del buono, in questo percorso degenerativo, che buono non è. Una delle cose buone è che dirsi europeisti non è più lo scontato e indistinguibile luogo comune, praticabile in qualche adunanza domenicale o in qualche rituale celebrazione scolastica. Dirsi europeisti è diventato un problema, un’affermazione che desta reazioni vivaci. Taluni credono sia quasi segno di follia. E io sono un europeista.

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