Marco DAMILANO
(Roma, 1968) è un giornalista italiano, inviato di politica interna de l’Espresso. Allievo dello storico Pietro Scoppola, aderisce nel 1991 a La Rete, e si laurea in storia contemporanea presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università La Sapienza di Roma con una tesi sulla televisione italiana e la politica negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento; ha successivamente conseguito un dottorato di ricerca in Storia dell’Italia contemporanea presso l’Università degli Studi Roma Tre.
Ha intrapreso la professione giornalistica nel 1995 come redattore di Segno 7, settimanale dell’Azione Cattolica; lascia il giornale nel 2000 assieme al direttore Piero Pisarra in polemica con i vertici dell’Azione Cattolica. Ha collaborato con Diario e con il magazine del Corriere della Sera Sette. Dal 2001 è cronista politico e parlamentare de l’Espresso. È autore nonché ospite fisso della trasmissione Gazebo, condotta da Diego Bianchi (Zoro) su Rai 3, e opinionista dei programmi politici di LA7.
«C’è stata la repubblica della rappresentanza. Poi è arrivata la repubblica fondata sulla rappresentazione. Quella che sta nascendo è la repubblica dell’autorappresentazione. Una selfie-repubblica.»
La scalata all’Italia di Matteo Renzi è stata raccontata dal suo protagonista come una guerra-lampo dalle cadenze napoleoniche, un cambiamento di stagione epocale, contro nemici di ogni tipo. In realtà è stata una resa senza condizioni. Senza opporre resistenza, partiti, industriali, intellettuali si sono consegnati al giovane conquistatore: una bandiera bianca collettiva, la dissoluzione della rete di alleanze ed equilibri su cui si reggeva la Repubblica italiana. Quella Repubblica nata settant’anni fa con i ragazzi scesi dalle montagne per sedersi al tavolo della Costituente. Erano i padri della democrazia, i buoni maestri che tenevano insieme cattolici e comunisti, radicali e liberali, e intanto costruivano autostrade e conficcavano milioni di antenne sui tetti delle case. Ma poi i padri invecchiarono e arrivarono i figli, la meglio gioventù della tv a colori e dell’aria di piombo. Una menzogna. L’inizio del vuoto. Un vuoto durato quarant’anni.
In quel vuoto è nata e cresciuta la nuova razza padrona, che ha il volto di Matteo Renzi e si presenta senza passato, avida di presente, proiettata al futuro. Detesta il fardello della memoria, rifiuta la responsabilità dei decenni precedenti: noi non c’eravamo, ripete. Invece va inserita in una storia. In quella che arriva da lontano, nel lunghissimo processo che attraversa gli ultimi anni Settanta, gli Ottanta e Novanta fino a Tangentopoli. E in quella più recente, il crack di una classe dirigente provocato dalla crisi economica e da un divorzio irreparabile tra cittadini e politica. «Una lunga caduta, come nei sogni. Il risveglio tocca ai figli. Nel vuoto si sono mossi, in mezzo al vuoto hanno conquistato il potere, puntando sul vuoto rischiano di perdere. O di invecchiare precocemente».
Villa Repeta
Villa Sangiofoletti Rigon (metà XVI sec.)
Via F. Crispi 2
Ponte di Barbarano VI